Sankara, il sorriso dell’Africa

Lo confesso: non avevo mai sentito parlare di Thomas Sankara. Non so se per poca conoscenza della storia africana o se per la scarsa risonanza che, per ovvi motivi, è stata data al personaggio.Ho sentito il suo nome per la prima volta in radio, durante un’intervista a Fiorella Mannoia. Anche lei, come me, ha ammesso di non conoscerne la storia e di averla appresa da un musicista burkinabè. Il racconto l’ha così toccata da voler dedicare la tourneè 2012 al ricordo di Sankara.
Tornata a casa, anch’io ho cominciato a cercare notizie su di lui e sono rimasta sorpresa dalla quantità di materiale esistente e, come lei, toccata dalla sua storia. Sono tante le persone che hanno scritto su di lui, esiste anche un sito ufficiale, che raccoglie praticamente tutta la sua vita, è quindi un pò complicato scrivere qualcosa che non sia già stato scritto.

Sankara era il Presidente e il suo Paese era l’Alto Volta, ex colonia francese, da lui ribattezzato Burkina Faso, terra degli uomini integri. Un Capo di Stato con una dichiarazione dei beni da far arrossire qualsiasi altro Presidente e che alla fine della lettura della lista dei possedimenti rilascia la seguente intervista:
Giornalista: ” In seguito alla dichiarazione dei suoi beni, si nota che probabilmente lei è uno dei Capi di Stato più poveri del mondo. Non sono certo le opportunità che le sono mancate, e anche prima di essere Capo di Stato, la sua posizione di ufficiale le avrebbe permesso di presentare un elenco molto più lungo di questo. Si sente in diritto di imporre la sua volontà di austerità, di non possedere ricchezze, anche alle persone che le sono vicine? »
Thomas SANKARA: “Sì, credo occorra imporlo a se stessi e agli altri. Abbiamo bisogno di un certo numero di mezzi per vivere, ma saranno solo, giusto dei mezzi. E’ per questo motivo che mi sono sempre sforzato di acquistare onestamente i pochi mezzi necessari per vivere in modo corretto una vita in tutta decenza, anche per non mettere a disagio nessuno diventando un peso per gli altri. Ed io penso che all’interno della mia parentela, la mia famiglia, ciascuno deve sforzarsi di vivere in modo modesto perché, quando si ha l’ambizione di arricchirsi, si è rapidamente tentati dalle facilità che ci vengono offerte e mi sono sempre sforzato di imporre a me stesso, ai miei familiari questa austerità. (…) Non sono contro il lusso. Ma voglio il lusso e i beni materiali per tutti. Questo perché, non è normale che io o i miei parenti ci arroghiamo il lusso di questi beni. Dico a miei familiari che non devono provare in nessun modo ad approfittarsi del fatto che uno di loro oggi si trovi ad essere il Presidente del Faso. Tutto ciò che guadagnano, che lo guadagnino perché hanno lavorato; non per il fatto che sono membri della famiglia del Presidente, né mia moglie, né i miei fratelli e sorelle, né gli altri miei familiari né i bambini quando diventeranno più grandi. (…) “
(Estratto dal libro «Storia politica del Burkina Faso 1919-2000» di Roger Bila Kaboré, ed. Harmattan, Febbraio 2002).
Stiamo parlando di un Presidente che si spostava con la macchina personale, una Renault 5, che viaggiava e faceva viaggiare i propri ministri in classe turistica, che vestiva con abiti prodotti esclusivamente con i tessuti della sua Terra, che sosteneva che tutto quello che veniva prodotto in Burkina Faso doveva essere consumato in Burkina Faso e che i paesi africani avrebbero dovuto smettere di pagare un debito che non era stato contratto da loro ma dai colonizzatori, altrimenti non si sarebbero mai sollevati dalla miseria.
Probabilmente pensate che sia soltanto una bella favola e che niente di tutto questo sia mai esistito. In effetti è una bella favola, ma senza lieto fine.
Nei quattro anni in cui il suo Presidente lo prese per mano, il Burkina Faso divenne una terra dolce e riconoscente sotto le mani dei suoi abitanti, che si occuparono del territorio, degli animali, dei villaggi e delle strade. Sotto la ferma guida di Sankara, il Paese ridotto alla fame e agli stenti riprese a vivere e a produrre. Nacquero scuole, ospedali, città e la ferrovia; furono garantiti almeno due pasti al giorno per tutti, vaccinazioni e cure mediche, attività sportive. Sankara è stato il primo presidente africano ad aver denunciato la piaga dell’AIDS e ad aver esaltato il ruolo e l’importanza della donna: “concepire un progetto senza la partecipazione della donna significa usare solo quattro dita, quando ne abbiamo dieci”. L’amministrazione penitenziaria fu riorganizzata per permettere ai detenuti, forza potenziale, di diventare produttivi e di riscattarsi nei confronti della società lavorando ettari di terreno, “confermando in questo modo che è possibile costruire una morale di progresso, quando l’uomo è determinato a meritare il perdono popolare.”
Come già detto, manca il lieto fine. La sua idea di rendere il Burkina indipendente non pagando il debito non fu vista di buon occhio dagli ex colonizzatori francesi e non solo. E il fatto di non godere di lussi e privilegi che la condizione di parlamentari poteva garantire, seminava malcontento anche tra i suoi più cari amici. Amici che lo tradirono. Testimoni affermano con certezza che fu assassinato, una vera e propria imboscata organizzata dal suo vecchio amico Blaise Compaorè, attuale presidente del Burkina Faso,con la complicità di servizi e potenze straniere. Ancora oggi, dopo 25 anni, si continua a chiedere giustizia per la sua morte, dal momento che il certificato firmato dalle autorità sanitarie competenti riporta: “Causa del decesso: morte naturale”. In questi video della trasmissione televisiva Ombre africane di Silvestro Montanaro alcuni testimoni ricostruiscono una versione sull’omicidio di Sankara.

Anche adesso che mi sembra di aver scritto tutto, sento che ci sarebbe ancora molto da dire. Più leggo i suoi scritti e più mi rendo conto che non basta qualche pagina a racchiudere il senso di una vita spesa per gli altri e spezzata così velocemente, tanto da non aver quasi dato il tempo al mondo di apprezzarne la bellezza.
Perchè tutto questo odio verso un Presidente che voleva solo far vivere il suo popolo degnamente e in modo autonomo? Ascoltando le parole di Sankara, è probabile che la risposta sia proprio nel discorso fatto alla venticinquesima conferenza dell’OUA (Organizzazione per l’unità Africana) ad Addis Abeba il 29 Luglio 1987. Parla di disarmo, di pace, di valorizzazione dei prodotti africani, di sfruttamento dell’Africa da parte degli stessi che pretendono il pagamento del debito. Verso la fine si appella agli altri capi di stato africani e chiede loro di essere uniti nel non pagare: “Se il Burkina Faso da solo rifiuta di pagare il debito non sarò qui alla prossima conferenza.” Detto fatto. Sankara fu ucciso pochi mesi dopo, il 15 ottobre dello stesso anno. Il Burkina ha perso la sua unica speranza di diventare un paese decorosamente vivibile ed è sprofondato nuovamente nella miseria. L’umanità intera ha perso un grande uomo.
Vi invito ad ascoltare le parole che ha pronunciato, un testamento che dovrebbe essere di sprone a chiunque voglia lavorare per la pace e il benessere dei popoli, anteponendo il bene comune agli interessi personali.

 

Letture consigliate:

L’Africa di Thomas Sankara. Le idee non si possono uccidere – Autore Carlo Batà – Editore: Achab Editrice

Sankara. Un rivoluzionario africano – Autore Alessandro Aruffo – Editore: Massari

Thomas Sankara – I discorsi e le idee – curato da Marinella Correggia – Editore: Sankara Edizioni

Pubblicato su Naturalia – 26 aprile 2012